Nuovo caso Carini Khelif a Parigi: l’intersex Lin Yu-Ting vince, l’avversaria va via. Il precedente con Irma Testa
2 Agosto 2024Nuovo caso Imane Khelif alle Olimpiadi, ma l’epilogo non è lo stesso visto nell’incontro tra l’atleta algerina e l’azzurra Angela Carini. L’uzbeka Sitora Turdibekova, infatti, sul ring con la taiwanese intersex Lin Yu-Ting ha scelto di rimanerci fino all’ultimo secondo, incassando e provando a ribattere, senza evitare la sconfitta, ma onorando fino in fondo l’incontro. Ripercorriamo la storia di questo incontro e perché, come quello della Carini, non deve restare solo un match di pugilato da ricordare per le polemiche.
Lin Yu-Ting, l’altra Imane Khelif di Parigi 2024 La decisione della Carini Le similitudini e le differenze con Turdibekova Lin Yu-Ting, il ring per prendersi una vita Due incontri per crescere, due occasioni da non sprecare
Lin Yu-Ting, l’altra Imane Khelif di Parigi 2024
Lin Yu-Ting supera con verdetto unanime ai punti l’uzbeka Sitora Turdibekova nel suo incontro inaugurale di Parigi 2024 e si prende l’accesso ai quarti di finale del pugilato femminile. Un successo senza storia, con l’atleta di Taiwan testa di serie numero uno e indiziata all’oro nella categoria 57 kg, nonché due volte campionessa del mondo (l’ultima nel 2022 contro Irma Testa) a non lasciare spazio alla rivale.
Perché ne scriviamo? Semplice (magari lo fosse per davvero), perché Lin Yu-Ting è l’altra Imane Khelif di Parigi 2024: un’altra atleta intersex finita nel polverone per il suo essere (per natura) troppo “mascolina”. Una condizione che, come per l’algerina, ha spinto l’AIBA, l’associazione mondiale della boxe, a negarle la possibilità di gareggiare ai Mondiali 2023: troppo elevati i livelli di testosterone rivelati dai test di idoneità. Il CIO, però, non la pensa allo stesso modo e ammette le due atlete ai Giochi.
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La decisione della Carini
Il resto è cronaca. Da giorni non si fa altro che commentare la presenza di Imane Khelif ai Giochi di Parigi 2024. Ci si interroga, si discute, ci si arrabbia e ci si indigna, ci si informa (poco) e si parla (tanto) su un caso cresciuto con il passare delle ore e che ha raggiunto l’apice appena 46” dopo il gong che ha dato il via alla sfida tra l’algerina e Angela Carini.
Troppo forte quel pugno ricevuto in pieno volto per proseguire l’incontro. Angela getta la spugna e chiude la porta al sogno olimpico. Troppo pesante, probabilmente, il fardello che le polemiche e le chiacchere hanno caricato sulle spalle dell’azzurra, che scoppia in lacrime, si inginocchia a centro ring e, rivolgendosi al suo angolo grida un “non è giusto” carico di ogni sentimento possibile e immaginabile, che racchiude inevitabilmente la rabbia e la delusione, ben rappresentate dal rifiuto a stringere la mano all’avversaria dopo la doloroso e inevitabile conferma della sconfitta. Della fine del sogno.
Le similitudini e le differenze con Turdibekova
Come l’azzurra, anche la Turdibekova si rifiuta di stringere la mano a Lin Yu-Ting e si lascia scappare pure qualche lacrima, ma a differenza della Carini, l’uzbeka il proprio incontro ha deciso di affrontarlo fino in fondo, di incassare ogni colpo e di restare a battagliare sul ring della North Paris Arena. Nessun gesto eclatante, eppure anche sulla sua avversaria non sono mancate (e non mancano tutt’ora) le polemiche.
Sitora ha scelto di battersi e di provarci. Lin Yu-Ting, così come Imane Khelif, non è certamente salita sul quadrato per fare sconti, anzi, e nei suoi pugni avrà finito per concentrare almeno in parte anche la delusione per l’impossibilità di spegnere polemiche che non possono non fare male, non possono non segnare profondamente l’animo e ferire due giovani ragazze (Lin ha 28 anni, Imane 25) che vorrebbero solo vivere il proprio sogno a cinque cerchi, come giusto che sia, come sancito da un comitato messo lì per prendere decisioni giuste e in linea con i valori dello sport.
Lin Yu-Ting, il ring per prendersi una vita
Lin Yu-Ting e Imane Khelif sono su un ring a Parigi a tirare di boxe contro altre donne perché, oltre ai meriti sportivi, sono perfettamente in regola, “a norma” e “abilitate” a credere nel proprio sogno. Un sogno che, nel caso dell’atleta taiwanese parte dalla lontano e che, come spesso accade, ha alle spalle una storia di sofferenza, resilienza e rinascita, con la necessità di imparare a tirare di boxe per difendere se stessa e la madre da un padre violento.
Dall’ombra di quell’uomo, tale solo nelle genetica, come rivelato dall’allenatore, Zeng Ziqiang, Lin è riuscita a togliersi e a prendersi una vita, da affrontare un pugno alla volta, con le mani fasciate nei guantoni e il corpo pronto a incassare e a ribattere. Ecco, dietro ogni colpo, dietro ogni gesto, e dietro ogni parola si cela una storia, una vita, la possibilità di renderla migliore o di affossarla. A Parigi, Lin e Imane hanno vinto con merito il loro incontro e lo hanno fatto esclusivamente per se stesse.
Due incontri per crescere, due occasioni da non sprecare
Il prossimo passo spetta alla società e all’opinione pubblica, ai comitati e alle associazioni dello sport, chiamati ognuno per le proprie ragioni e competenze a non fare cadere questa delicata storia nel dimenticatoio, rimandandola al prossimo caso che, inevitabilmente, poterà qualcuno a gettare la spugna troppo presto, qualcun altro a sentirsi inadeguato e fuori luogo, arrecando dolore e togliendo un ulteriore pezzettino di valori allo sport.
Occorrerà muoversi con coscienza e reale voglia di arrivare a una soluzione che, alla fine di tutto, cancelli le polemiche e le strumentalizzazioni, permettendo di riportare al centro lo sport, alleggerendo ogni pugno, sguardo, colpo e decisione che ogni atleta sceglie di compiere su un ring e, soprattutto, nella normalità.